https://ranyokohamaameb.amebaownd.com/posts/56592600 【季節の言葉】
Facebook向瀬美音さん投稿記事 2024年12月28日
イタリア人デニス カンバロウ(Dennys Cambarau )のエッセイも素晴らしいです。
季語、シラブルに関しては 国際俳句において絶対的条件ではないが、キレ、取り合わせは万国共通だと言っています。
「私にとって俳句とは」デニス・カンバラウ著
母が私にくれた一冊の本が、私の人生を大きく変えることになるとはまだ知らなかった。それは1997年、私が法学部の若い大学生だった頃のことだ。日本の豊かな文化や伝統を愛し、憧れ続けてきた私が、今、手にしているのは、私にとってかけがえのないもの、つまり、イメージや感情の凝縮であり、私が住みたいと思っていた遠い場所への光だった。しかし、俳句とは何だろう?俳句のルーツが江戸時代(1603-1867)にあることは周知の通りだが、その起源は連歌や短歌など、それ以前の詩の形式にまで遡ることができる。
芭蕉」こと松尾宗房金作(1644-1694)は、このジャンルを文芸の域にまで高めた人物であり、この詩的ジャンルを「子規」と呼ぶようになったのは、より新しい正岡子規(1867-1902)である。他の権威ある作家たちも、同じ問いを自らに投げかけ、ある者は比喩を用い、またある者は単純な考察を、私の考えでは、常にある西洋の伝統に従って、高揚感をもって、ある種の尊大さをもって、驚くような方法でそれを行ってきたと言わなければならない. 俳句は、たった3行の詩でありながら、それに値しない。この詩のジャンルは、できるだけ簡潔であるべきで、多くを語らず、多くを暗示するものであるべきだとよく言われる。空白、間、増幅し示唆する言葉にならないもの。
俳句を特徴づける要素は4つある:五・七・五の形式、季語、つまり時系列的な連想を与える季語、切れ字、そして最後に、非常に重要な取り合わせである。日本で生まれ、日本の文化が色濃く反映されたこのタイプの俳句は、すでに述べたように、その美しさと(見かけの)単純さゆえに、世界中に急速に広まった。5/7/5に関しては、実際、次のことがわかる。
例えば、英語やイタリア語など、ラテン文字で表記されるアルファベットと、音韻の種類によって、絵文字で表記される日本語とはまったく異なる。秋の代表的な季語である「月」を例にとると、日本語の「月」は1つの絵文字「月」でできているが、英語では「moon」(1音節)、イタリア語では「luna」(2音節)である。
そのため、音節の辻褄が合わず、ある言語から別の言語へ、厳密な音節計算から「逸脱」することなく同じ詩的思想を翻訳することは、時には不可能ではないにせよ、困難であると理解されている。このため、西洋の伝統では、日本の俳句の典型的な構造を維持しつつも、修正を加えたり、ある種の弾力性を確保したりするような措置が取られてきた。私が話しているイタリア語では、5/7/5の構造を維持することが決定されましたが、単純な正書法による計算か、長い時間をかけて蓄積された規則と構造を持つ計量詩の計算か、どちらかを選択できるようにした。
しかし、問題はこれだけにとどまらない。というのも、今見てきたように、季節の参照にもこのような問題が生じるからだ。「虹」、「夏の雨」、「モンスーン」などついてはどうだろうか。
ある種の動物や昆虫はその土地固有のものであり、ある種の大気現象は必ずしも春に特別に降る雨の結果とは限らず、モンスーンの季節は地球上の他の場所、たとえばインドだけに関係し、他の場所には関係しない。このような理由から、ここでも、時間だけでなく、詠まれる空間も考慮した小さなバリエーションが採用されることになり、地球上のさまざまな場所で独自の方式が採用されることになったのである。しかし、「切れ」については、このようなことはないようだ。
一方、切れ字の場合は、構文論的な意味での切れは、一方の言語であろうと他方の言語であろうと、ポーズによって確保することができるので、あまり問題はないように思われる。イタリア語では、他の言語と同様、句読点、たとえばコンマ、フルストップ、感嘆符、コロン、クエスチョンマークが使われる(ダッシュも使われる)。日本語では、や、かななどの助詞を使って表現される。言い換えれば、俳句という構成は、それにもかかわらず形式を超越している。繰り返しになるが、「とりあわせ」は、世界中のどの言語でも、誰にとっても同じである。
これは「一物全体」の場合であり、文字どおり「単一の概念、単一のイメージ、単一の要素」という意味である。具体的に言えば、「取り合わせ」は「切れ」と密接に結びついている。「取り合わせ」があることで、2つの半球や正方形のイメージの間に意味的な逆転が生まれるのである。
前述したように、「取り合わせ」には2つのタイプがある。「取り合わせ」とは、詠み込まれたイメージと詠み込まれたイメージが調和し、互いに支え合っている場合の「取り合わせ」と、2つの半球のイメージが対照的である場合の「二物衝撃」である。俳句とはこういうものだ。この短い句は、シンプルでありながら複雑な文化の蒸留であり、私にとって万物の統合を昇華させる詩である。俳句は、詩の形式で語るのではなく、その実質で語るからだ:簡潔さ、語られていないが含蓄のあるもの、それは孔雀の尾のように扇状に広がる。俳句は、詩は、人生であり、人間の魂はそれに浸っている。しかし、ここで私はひとつ付け加えたい。俳句はしばしば明示的な比喩を用いず、暗示的な比喩しか用いないが、見る人の目も違えば、観察される庭も違う。
よく知られているように、様々な種類のものがある)、「イタリア風」、「イギリス風」、「フランス風」もある。つまり、観察する主体、認識する行為だけが違うのではなく、対象も違うということだ。これこそが人生を美しくするものである。宇宙の多様性は、しかし、異なるものにも詩にも同じ種を持っている。
[1] 「俳句は月を指す指である」。- R.H.ブライス、「俳句は宇宙を映す一滴の露である」。- 三島由紀夫; "良い俳句は静かな池に投げ込まれた石のようなものである。- ドナルド・キーン; "俳句は3行の小さな宇宙である」 - ジャック・ケルアック
[2]「間」は日本文化における基本的な概念であり、大雑把に訳せば「空白」、「間」、「沈黙」である。しかし、その意味は単純な語彙的定義をはるかに超えている。それは一種の肥沃な空白、可能性を秘めた中断を表し、それによって要素は呼吸し、互いに関係し合うことができる。
[3 ] 俳句、特に古典俳句には季語が必要である。俳句には季語が必要で、『歳時記』には良い句を作るために必要な季語がすべて掲載されている。
エッセイその1
Cosa è per me lo haiku – di Dennys Cambarau
È passato molto tempo da quando mia madre mi regalò un libro del quale ancora non sapevo che avrebbe cambiato per sempre la mia vita: una piccola, semplice e bella raccolta di poesie haiku. Era il lontano 1997, quando cioè fui un giovane studente universitario in Giurisprudenza. Ricordo che per me fu amore a prima vista: io che da sempre ho amato e ammirato il Giappone per la sua ricca cultura e tradizione, ora tenevo tra le mani quell’oggetto per me decisamente prezioso: un condensato di immagini ed emozioni, uno spiraglio verso quel luogo lontano in cui avrei voluto vivere. Ma cosa è uno haiku? Tutti noi sappiamo che lo haiku trova le sue radici nel periodo Edo del Giappone (1603-1867), sebbene le sue origini si facciano risalire a certe forme di poesia precedenti, come la renga e la tanka, e, oltremodo, sappiamo pure che il poeta (haijin) Matsuo Munefusa Kinsaku, in arte “Bashō” (1644-1694) è colui che ha elevato tale genere a forma d’arte letteraria, mentre è al più recente Masaoka “Shiki” (1867-1902) che dobbiamo tale nome per questo genere poetico. Altri autorevoli autori , è bene dirlo, si sono posti la stessa domanda, e lo hanno fatto in modo sorprendente, chi usando delle metafore e chi trascrivendo delle semplici riflessioni, sempre e comunque, a parer mio, secondo una certa tradizione occidentale, in modo esuberante e con un certo senso di ampollosità. E lo haiku, componimento di appena tre versi, non merita questo, anzi… Spesso si afferma che tale genere poetico debba essere il più sintetico possibile, dicendo sì poco, ma sottintendendo molto: che cioè si debba aprire a “ventaglio”, e per farlo si avvale di un concetto cardine, che è quello del “MA” : il vuoto, la pausa, il non detto che amplifica e suggestiona. Quattro sono gli elementi che caratterizzano lo haiku: la forma del 5/7/5; il kigo , ovvero una parola della stagione di riferimento che gli dà una collocazione temporale; il kireji, ovvero “carattere che taglia”; e, infine, il toriawase, importantissimo, che può essere di due tipi (torihayasi e nibutsu shōgeki). Nato in Giappone, e della cultura giapponese fortemente intriso, come è stato accennato, questo tipo di componimento, per la sua bellezza e la sua (apparente) semplicità, ha trovato rapida diffusione in tutto il mondo, ora recependo, altre volte rifiutando, la sua struttura. Per quanto riguarda il 5/7/5, vediamo che infatti, per alcune incongruità e peculiarità tra una lingua e l’altra, spesso la sillabazione non viene rispettata: si pensi, per esempio al fatto che le altre lingue, per esempio inglese o quella italiana (quella che parlo io, per intenderci), per il loro alfabeto in caratteri latini, ma anche per il tipo di fonetica, sono ben diverse da quella giapponese caratterizzata dai pittogrammi. Prendiamo un kigo tipico dell’autunno per specificare il concetto, come per esempio “luna”, che in giapponese è costituita da un solo pittogramma od “on”, 月 (tsuki), mentre in inglese è moon (una sillaba) e in italiano luna (lu-na, due sillabe)… Si capisce quindi che la sillabazione non torna, rendendo difficile, se non a volte impossibile, tradurre lo stesso pensiero poetico da una lingua all’altra se non “sforando” dalla rigida computazione sillabica. Per questo motivo, nella tradizione occidentale si sono prese delle misure che tendessero sì a preservare la struttura tipica dell’haiku giapponese, ma apportando delle modifiche o garantendo una certa elasticità. Nella lingua che parlo io, come detto, quella italiana, si è deciso di mantenere tale struttura del 5/7/5, dando però la possibilità di poter scegliere tra la semplice computazione ortografica o quella della poesia metrica, con le sue regole e la sua struttura sedimentatesi nel tempo, permettendo così una maggiore, come detto, elasticità nei componimenti. Ma i problemi non finiscono qui, perché, come vediamo adesso, questi si presentano anche per alcuni riferimenti stagionali: non sempre sono gli stessi, e non sempre sono così lineari. Ritornando all’esempio del kigo “luna”, ben sappiamo che questa, visibile ovunque, sia la stessa per tutti i popoli della terra, ma che dire di altri lemmi, come per esempio quello di “arcobaleno”, “pioggia estiva”, “monsoni”, etc? Certe specie di animali o insetti, poi, sono indigene, legate cioè al loro territorio; certi fenomeni atmosferici non sempre sono frutto delle piogge che cadono specificamente in primavera, mentre la stagione dei monsoni, riguarda solo ed esclusivamente altri luoghi della terra, come l’India, e non altri. È soprattutto per questo motivo che anche qui si è deciso di adottare delle piccole variazioni che tendessero a considerare non solo il tempo, ma anche lo spazio in cui il componimento è scritto, portando in questo modo diversi luoghi della terra ad adottare un proprio Saijiki. Sul kireji, invece, non sembrano esservi troppi problemi, visto che la cesura in senso sintattico, sia in una lingua che nell’altra, possono essere garantiti da una pausa. Se in italiano, così come in altre lingue, vengono usati i segni di interpunzione, quali la virgola”,”, il punto”.”, il punto esclamativo”!” i due punti”:” e il punto interrogativo”?” (ma anche il semplice trattino “-”, in giapponese, invece, viene resa usando particelle agglutinanti, come YA, KANA, etc… Come dire, un componimento, quello dello haiku, che trascende comunque la forma, tanto da essere sostanza, come vedremo adesso nel parlare e trattare del Toriawase. Il toriawase, è bene ribadirlo, è per tutti uguale, in tutte le lingue del mondo, sebbene anche qui ci siano peculiarità dovute talvolta all’assenza del kireji nei componimenti: è il caso dell’ichibutsujitate, che letteralmente significa “fatto di una sola cosa”: un unico concetto, un’unica immagine, un solo elemento. Nello specifico possiamo dire che il toriawase è strettamente legato al kireji: è infatti in sua presenza che possiamo avere un ribaltamento semantico tra i due emistichi o quadretti di immagini che si vengono a creare. In questo modo, un emistichio, detto emistichio superiore, avrà una immagine, e l’altro emistichio, detto emistichio inferiore, ne avrà un’altra… Come accennato, esistono due tipi di toriawase: il torihayasi, quando le immagini create e presenti nel componimento sono armoniose e si sostengono a vicenda; il nibutsu shōgeki, quando invece le immagini dei due emistichi entrano in contrasto tra di loro. Ecco, dunque, nella forma, ciò che è uno haiku… ma per me? Possiamo ora, giunti in questo luogo, dare una risposta… Questo breve componimento, questo semplice e al contempo complesso distillato di cultura è una poesia che per me sublima la sintesi del Tutto. Ogni cosa può esser detta, ma anche intesa, con uno haiku, ogni cosa… Perché lo haiku non parla con la forma dei versi, ma con la sua sostanza: la brevità, il non detto ma sottinteso, che, come la coda di un pavone, si apre a ventaglio. Lo haiku, la poesia, è vita e tanto ne è intrisa l’anima dell’Uomo. Vorrei qui comunque, aggiungere un dettaglio. Sebbene spesso lo haiku non si avvalga delle metafore esplicite, ma solo implicite, vorrei dire e affermare che diversi sono gli occhi di chi guarda, e diversi sono i giardini che vengono osservati: se esiste un giardino “giapponese” (che, come è noto sono di molti tipi ), ne esiste anche uno anche “all’italiana”, o “all’inglese”, o” alla francese”… Questo per dire che non è solo il soggetto che osserva, nell’atto di percepire, a essere differente, ma anche l’oggetto. È questo che rende così bella la vita: la diversità appunto cosmica, che però ha lo stesso seme, sia nelle diverse cose che in poesia: Sta allo haijin capire questo: essere, prima di sembrare, imitando la vita nell’arte o l’arte nella vita. Grazie!
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